In questo primo articolo dedicato alla fisiologia vegetale tratteremo dell’apparato radicale, organo maggiormente interessato dalla nutrizione delle piante, e delle molteplici interazioni che avvengono tra la radice e il sistema suolo.
I tipi di radice
Come un trattore non può avere le stesse ruote di un’automobile, allo stesso modo un arbusto non può avere l’apparato radicale di un albero o di un ortaggio.
In botanica distinguiamo l’apparato radicale in due macroscopiche categorie: a) fascicolata e b) fittonante.

Le radici fascicolate sono proprie delle piante monocotiledoni: ad esempio tutte le graminacee (grano, riso, etc.) e di altre famiglie a cui appartengono l’aglio, la cipolla, le orchidee, i gigli, ma anche piante ad alto fusto come le palme. Queste piante hanno una caratteristica comune: non presentano una crescita secondaria, infatti il fusto di una pianta più vecchia non è più largo di quello di una pianta giovane e non presenta strutture secondarie come grandi quantità di legno e corteccia. Le radici fascicolate sono conosciute come avventizie e non si formano da radici preesistenti, né dalla radichetta embrionale. Ogni porzione della radice di una monocotiledone è uguale al resto dell’apparato radicale in ogni suo punto.
Le radici fittonanti invece, sono proprie di piante dicotiledoni a cui appartengono ortaggi vari come il pomodoro, la patata, il melone, la fragola e la maggior parte degli alberi da frutto. L’apparato radicale delle dicotiledoni possiede una sola radice principale (il fittone), molto più grande di tutte le altre, e numerose radici laterali, o ramificazioni, che si originano da essa. Le radici laterali possono produrre ulteriori radici, costruendo un insieme molto ramificato, e permettere di potenziare la conduzione di acqua e zuccheri per la costruzione di strutture secondarie del fusto come da legno e corteccia.
Le 3 funzioni della radice
La radice svolge tre importanti funzioni: essere un ancoraggio robusto per conferire stabilità alla pianta e a tutti i suoi organi; assorbire acqua e minerali; produrre ormoni.
Stabilità
Possiamo immaginare la pianta come una nave e il suo apparato radicale simile all’opera viva (o carena) che si trova immersa sotto la linea di galleggiamento dove si trovano i motori e gli organi di propulsione fisica e meccanica.
La stabilità e il movimento della nave dipenderanno dall’opera viva e per navigare la nave avrà bisogno di motori performanti e un buon equipaggio; allo stesso modo la stabilità fisica e funzionale della pianta dipende dall’apparato radicale ed è importante abbia una radice forte e ben sviluppata, adeguata al carico epigeo, per ottenere i risultati agronomici che ci aspettiamo.
Se immaginiamo che la nave urti contro lo scoglio di un fondale e inizi a imbarcare acqua da una falla, il primo passo del comandante sarà quello di ordinare all’equipaggio di compartimentare i vani interessati dalla falla in modo da confinare l’acqua in una piccola parte della carena e non compromettere l’intera struttura navale; ma se l’ordine del comandante arrivasse in ritardo e la carena si riempisse d’acqua, i motori verrebbero sommersi smettendo di funzionare. Risultato? La nave rischierebbe il naufragio.
Fisiologicamente le piante attuano la stessa strategia di difesa. Sono in grado cioè di compartimentare le vie di diffusione di un problema; ma se la radice non ha energia per costruire barriere e trovare altre vie per garantire le sue funzioni vitali, il problema si diffonderebbe all’intero apparato radicale e porterebbe al collasso della pianta.
È per questa ragione che è importante avere un apparato radicale forte e ben sviluppato, perché oltre a fissare saldamente la pianta al substrato ciò equivale ad avere una radice più sana e che reagisce prontamente alle avversità.
Assorbire acqua e minerali
Le radici, come le foglie, svolgono una funzione assorbente, nonostante i due organi abbiano morfologie totalmente differenti. Se infatti confrontiamo una foglia e un insieme di sottili radici di uguale volume, si può notare come il sistema radicale abbia un rapporto superficie volume superiore, ideale per l’assorbimento di acqua e nutrienti in grandi quantità.
La radice è formata da quattro zone di differenziazione: la cuffia radicale, la zona meristematica di cui fa parte il meristema apicale, la zona di distensione e la zona pilifera a struttura primaria.

Mentre la zona di distensione è così breve da permettere un assorbimento limitato, la zona pilifera con la presenza di peli radicali rappresenta la superficie assorbente principale della radice. I peli radicali (100-300 µm) aumentano enormemente la superficie assorbente e favoriscono l’assunzione di acqua e sali dal suolo. I peli radicali svolgono la loro funzione solo per alcuni giorni, poi muoiono e degenerano; in questa zona l’assorbimento d’acqua e minerali si riduce fortemente, ma non del tutto. Nella dismessa zona di assorbimento verrà posto uno strato di suberina e lignina che trasformerà la porzione di radice in zona di maturazione la quale rimarrà utile per il trasporto vascolare di acqua e nutrienti e per la stabilità della pianta.

La radice nel suo complesso è formata da membrane, pompe protoniche, tessuti e barriere di ogni tipo che rendono complicato il tragitto degli ioni dall’esterno all’interno della radice; oltre tutto non sempre gli ioni nel suolo si rendono facilmente disponibili e la pianta è costretta a consumare molta energia per poterli assorbire. Un grosso aiuto alle radici viene offerto dai funghi micorrizici presenti naturalmente nei suoli con cui la maggior parte delle piante a seme (circa l’80%), stringono relazioni simbiotiche.
Nei tipi più comuni, le micorrize arbuscolari, le ife (le sottili cellule allungate dei funghi) avvolgono più o meno strettamente l’apice della radice, formando una specie di mantello e, penetrando tra le cellule della parete più esterna della corteccia, facilitano l’assorbimento degli ioni inorganici dal suolo, in particolare il fosforo, che viene ceduto alla pianta attraverso le sottili pareti degli arbuscoli.
Il risultato è che la pianta avrà una crescita migliore, nonché una maggiore resistenza agli stress biotici, come funghi patogeni della radice, e abiotici come siccità, pH ed EC estremi, metalli pesanti e altri inquinanti. La simbiosi micorrizica è essenziale per la maggior parte delle piante: se si sterilizza il suolo si notano i sintomi del danno da carenza di fosforo, anche se il terreno ne contiene quantità adeguate.


Altre interazioni che facilitano l’assorbimento radicale di ioni inorganici sono quelle derivati dai rizobatteri promuoventi la crescita delle piante (PGPR). Tra i PGPR, i batteri appartenenti al genere Pseudomonas e Bacillus sono i più studiati. Il loro effetto benefico sulla pianta è associato al miglioramento della nutrizione minerale e alla produzione, sia di sostanze stimolanti la crescita del vegetale stesso (acido indolacetico – IAA), sia di molecole inibenti lo sviluppo di funghi fitopatogeni.
Le interazioni tra radice e microrganismi tellurici avvengono grazie all’escrezione di essudati radicali, polisaccaridi a diversa catena in grado di attirare i microrganismi, i quali utilizzano queste sostanze come substrato organico su cui proliferare.
Produzione di ormoni
Le radici producono diversi ormoni, principalmente citochinine e gibberelline in grado di influenzare la crescita e lo sviluppo della pianta. Le gemme, siano queste apicali o laterali, sono dipendenti dagli ormoni prodotti dalle radici, grazie ai quali la pianta è in grado di comunicare col suo apparato radicale e di controllarne le dimensioni, ad esempio per evitare che la perdita d’acqua per traspirazione fogliare non superi l’assorbimento radicale.
Perché è importante nutrire l’apparato radicale e come
Oggi l’agricoltore comprende quanto sia importante nutrire la radice oltre la pianta nel suo complesso.
Che si tratti di colture da frutto, orticole o ornamentali, un buon apparato radicale farà parte della redditività della coltura, perché partecipa attivamente al buon stato nutrizionale della pianta e non solo, ma anche indirettamente allo stato sanitario, perché le piante più forti sono anche piante più sane e reattive.
Formulati ricchi di aminoacidi specifici della radice (vedi LIBAMIN MIX), come Triptofano, Metionina, Glicina, Lisina, acido Glutammico, acido Aspartico e Treonina, sono di grande aiuto per rinforzare il sistema radicale, e possono essere facilmente assorbiti soprattutto nella loro forma levogira.

Altri i formulati interessanti sono quelli a base di micorrize del genere Glomus (es. Septoglomus deserticola e Rhizophagus irregularis) e PGPR (es. B. Subtilis, B. amyloliquefaciens e P. fluorescens). Le micorrize in simbiosi con le radici aumentano il volume di suolo esplorato diventando delle vere prolunghe dell’apparato radicale, mentre i PGPR sono in grado di stimolare la produzione di composti come citochinine, antiossidanti e ACC deaminasi; quest’ultimo è un enzima che regola i livelli di etilene, riducendo così l’inibizione della crescita delle radici indotta da stress da etilene. Infatti l’etilene è l’ormone dell’invecchiamento e si accumula nel terreno in situazione di stress idrico dovuto a siccità o salinità.
Lo stadio fenologico in cui si trova una pianta influisce sullo stato del suo apparato radicale e, di conseguenza, il tecnico di campo potrà valutare se agire o meno per migliorarne o aiutarne lo sviluppo.
Le applicazioni di prodotti per la radice coincidono solitamente con momenti specifici della coltivazione, ad esempio al trapianto o alla semina, al di fuori dei periodi invernali e anche durante il taglio o al termine della stagione prima del riposo invernale. Fasi in cui possiamo stimolare la formazione di nuove radici, migliorando l’architettura dell’apparato radicale e ottenendo un migliore insediamento della coltura nel terreno.