Colture fuori suolo: scelta del substrato

L’utilizzo di substrati di coltivazione nei sistemi fuori suolo è raccomandato in particolari contesti, ad esempio quando coltiviamo piante a sviluppo indeterminato come il pomodoro o numerosi altri ortaggi da frutto (zucchino, cetriolo ecc..); in questi casi il substrato ha la funzione di permettere l’ancoraggio della pianta e di garantirne la stabilità durante l’intero ciclo produttivo, oltre a svolgere anche altre importanti funzioni, le stesse che molto spesso si ricercano in un buon terreno agrario: rifornimento d’aria, acqua e nutrienti alle radici.

I substrati di coltivazione non sono tutti uguali, ecco perché quando progettiamo un impianto di colture fuori suolo è importante conoscere le caratteristiche principali dei diversi materiali in commercio, in modo da evitare errori durante la gestione colturale.

substrato di coltivazione

Substrati, quali sono i disponibili sul mercato?

Esistono substrati di diversa natura:

  • organici. Sono substrati ottenuti come sottoprodotto dei processi agro -industriali, ad esempio: fibra di cocco, corteccia, ammendanti compostati, fibra di legno, Posidonia, lolla di riso, torba;
  • inorganici. Sono substrati di origine vulcanica e rocciosa. Tra i principali: pomice, pozzolana e sabbia;
  • inorganici ottenuti per riscaldamento: argilla espansa, perlite, vermiculite, lana di roccia.
substrato di coltivazione

I substrati maggiormente diffusi in Italia sono: torba, perlite, pomice, fibra di cocco, lana di roccia e argilla espansa. Tra i substrati di origine organica la fibra di cocco è quello di maggior diffusione negli ultimi anni, soprattutto nelle regioni equatoriali e del sud est asiatico. Deriva dalla lavorazione delle noci di cocco e rappresenta un sottoprodotto dell’industria della fibra. Il cocco è una risorsa rinnovabile ed è 100 % biodegradabile. A fine ciclo colturale può essere integrato al suolo come ammendante.

Tra i materiali inorganici maggiormente impiegati la lana di roccia è molto diffusa specialmente nei sistemi fuori suolo olandesi e specifica per il sistema a ciclo chiuso. È un materiale derivato dalla fusione di rocce ad alte temperature, inerte, molto leggero e poroso. Ha una leggera alcalinità che porta ad un innalzamento iniziale del pH della soluzione nutritiva, effetto che si esaurisce in breve tempo.

Quali caratteristiche per un substrato ottimale?

Nella scelta di un substrato l’imprenditore deve considerare i costi, la reperibilità del materiale, il riutilizzo e lo smaltimento dello stesso. Da un punto di vista tecnico le caratteristiche da ricercare sono:

  • pH neutro o subacido
  • C.S.C con valori > 10 -15 meq/100 g
  • sterilità e sanità
  • porosità che consente una sufficiente capacità di drenaggio; > 80 – 85 % in volume
  • adeguata capacità di ritenzione idrica
  • stabilità, caratteristiche standardizzate e costanti nel tempo
  • deve essere chimicamente inerte
  • avere una bassa densità apparente

Le caratteristiche chimiche più importanti sono il pH e la Capacità di Scambio Cationico (C.S.C). Il pH influenza la disponibilità di elementi nutritivi per la pianta e si considera ottimale nel range di 5.0 – 6-5. La C.S.C esprime la capacità di trattenere i nutrienti (ammonio, potassio, calcio, magnesio e microelementi). Un substrato con scarsa C.S.C favorisce un maggior controllo della nutrizione minerale, sebbene costringa l’agricoltore ad effettuare fertirrigazioni continue allo scopo di evitare problemi di carenze nutritive. Altro aspetto fondamentale dal punto di vista chimico è il contenuto di sali di alcuni materiali organici, ad esempio la fibra di cocco la quale è particolarmente ricca di sodio. L’eccessiva salinità può portare a carenze nutritive e a bruciature distribuite sui vari organi della pianta. Se si sceglie la fibra di cocco come substrato è consigliabile effettuare ripetuti lavaggi prima del trapianto per abbassare la salinità del materiale. I valori ottimali di salinità sono < 1 -1,5 g/l o a conducibilità elettrica (EC) < 0,5 mS/cm.

Dal punto di vista fisico, un substrato ottimale deve essere leggero, quindi avere una bassa densità apparente per facilitare l’istallazione e il trasporto e ottenere quindi costi più contenuti. La densità apparente deve essere più bassa di 900 kg/mc. Ad esempio la lana di roccia ha una densità di circa 80 – 90 kg/m3 che la rende molto leggera e comoda da installare.  

La profondità del vaso influisce il quantitativo di acqua trattenuto dal substrato: all’aumentare della profondità del substrato, aumenta la forza di gravità e diminuisce così il volume di acqua trattenuto dal substrato nel tempo; substrati a profondità minori trattengono più acqua quindi il loro impiego permette di intervenire con intervalli irrigui più lunghi. L’altezza ottimale è di circa 7,5 – 8 cm.

L’alta porosità garantisce una adeguata distribuzione di acqua e di ossigeno. Quando la temperatura aumenta, sale il fabbisogno di O2 da parte delle radici e diminuisce la quantità di O2 disciolto nelle soluzioni nutritive. A condizioni estreme si riscontrano problemi di ipossia radicale che si verificano quando il contenuto di ossigeno scende al di sotto del valore limite di 3,0 – 4 mg/L di O2.  

Altro aspetto fondamentale dal punto di vista fisico è la capacità di ritenzione idrica. La curva di ritenzione idrica descrive la disponibilità di acqua all’interno del substrato e lo sforzo che la pianta deve impiegare per poterla estrarre all’aumentare della tensione d’umidità esercitata dalla matrice del substrato stesso. Substrati con la matrice in pomice hanno una ridotta quantità di acqua facilmente disponibile rispetto alla torba e alla lana di roccia, poiché con la pomice il drenaggio avviene in forma massima in tempi più rapidi. Questo rende la pomice un materiale che nell’impiego come substrato di coltivazione necessita di irrigazioni ripetute ad intervalli irrigui più corti.

Spendere tanto o spendere poco? Dipende

Come abbiamo detto, la scelta del substrato dipende da numerosi fattori, sia di natura tecnica che di natura economica. Quando l’imprenditore è alle prese con questa scelta, come prima cosa deve considerare tutto il resto dell’investimento da sostenere per l’impianto di produzione: livello di tecnologia della serra, del sistema di gestione della soluzione nutritiva e dei sistemi di controllo climatico, m anche sono da considerare i costi di smaltimento.

Puntare alla massima efficienza e standardizzazione della produzione, significa esporre l’imprenditore ad un investimento iniziale importante, che può superare i 150 -200 €/m2. A queste condizioni non si può certo pensare di risparmiare sul costo del substrato!

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