Una moderna gestione agronomica delle coltivazioni non può ignorare l’importanza di ammendanti e correttivi.
Fornire alla coltura tutti gli elementi nutritivi necessari, nei tempi corretti e nelle giuste quantità, non è ancora sufficiente per ottenere le migliori rese produttive o le migliori qualità del raccolto.
Il terreno infatti non è un inerte spettatore dell’attività produttiva.
Al suo interno hanno luogo migliaia di processi metabolici fisici e chimici che influiscono sulla attività radicale, sul metabolismo delle piante, sulla disponibilità dell’acqua e degli elementi nutritivi sia quelli da noi forniti che quelli eventualmente già presenti.
A parte la coltivazione fuori suolo, dove questo è meno evidente, in tutti gli altri casi il suolo è vivo e attivo, e dobbiamo conoscere e prevedere i processi che avverranno al suo interno per ottimizzare la produzione, migliorando nutrizione e irrigazione.
Come agiscono ammendanti e correttivi
Con i termini di ammendanti e correttivi definiamo tutti quei prodotti che non hanno la capacità di “nutrire” le colture, bensì di rendere ospitale e adatto a produrre in modo migliore il substrato nel quale sono coltivate.
Queste sostanze ci permettono di correggere in modo efficiente i valori di alcuni parametri che si discostano dalla situazione ottimale, come può essere il caso di pH, capacità di scambio cationico, attività microbica.
Il pH esprime la reazione del suolo, in termini di concentrazione di ioni idrogeno presenti nella soluzione circolante; il suo valore influisce sulla attività radicale e sulla disponibilità dei microelementi.
Le piante influenzano la reazione dell’immediato intorno del capillizio radicale, grazie alla liberazione di ioni idrogeno che permettono in cambio l’assorbimento delle sostanze nutritive; tuttavia ciò non è sufficiente in presenza di valori di pH che si discostano dall’intervallo ottimale
Questo è compreso tra 5,5 e 7 per quasi tutti gli elementi fondamentali, e le colture; valori al di fuori di questo range determinano una insolubilizzazione più o meno accentuata di molti degli elementi nutritivi presenti nel suolo o apportati con la concimazione, come si vede in questo grafico nel quale a spessori minori corrispondono ridotte disponibilità.
Dunque è importante conoscere il pH del suolo e cercare il più possibile di portarlo e mantenerlo nell’intervallo di maggiore fertilità.
Questo permetterà di ridurre altri ben più costosi e poco efficienti apporti di elementi nutritivi necessari, che verrebbero immediatamente bloccati e non assorbiti dalla pianta.
Il ferro e il fosforo
Un esempio è il caso del ferro che con pH superiori a 6 richiede, per essere efficacemente assorbito, l’uso di formulati nei quali l’elemento è “chelato” cioè protetto, da molecole che evitino l’insolubilizzazione.
Normalmente queste molecole (i cosiddetti “chelati”) lo rendono costoso, e tanto più quanto più sono efficaci a pH elevati, grazie alle caratteristiche dell’agente chelante.
Ne consegue che una buona gestione del suolo ci può permettere di ridurre la qualità della molecola chelante (e dunque il suo costo) a parità di risultato, oppure di ridurre il consumo di chelati di ferro.
Altro esempio calzante è quello del fosforo, uno dei tre macroelementi fondamentali, che viene rapidamente retrogradato cioè insolubilizzato in composti con il calcio del terreno (fosfati di calcio) divenendo così non disponibile per le colture.
La correzione di un suolo
Il miglioramento di struttura e pH del suolo in tutto il suo profilo mediante l’uso di un ammendante o correttivo è un risultato difficile da conseguire, poiché la correzione si esprime in scala logaritmica, e richiederebbe quantità grandissime di prodotto.
Ciò che maggiormente ci interessa ottenere, grazie ad una corretta azione correttiva o ammendante, è il miglioramento della reazione a livello della soluzione circolante, cioè l’insieme di acqua e sostanze nutritive che è costantemente a contatto con l’apparato radicale delle piante, e partecipa ai processi di scambio cationico e all’assorbimento.
Per ottenere questo risultato sono necessari ammendanti non solo di adeguata composizione, ma anche efficienti.
Lo zolfo
Ad esempio, per correggere suoli alcalini, cioè con pH maggiori di 7, o salini, cioè ricchi di sodio e cloro, un buon metodo è quello di ricorrere a prodotti a base di zolfo.
I solfati che si formano in seguito all’attacco con questo minerale dei carbonati del suolo sono più solubili e consentono la lisciviazione di sodio e cloro, rendendo al contempo più disponibili magnesio, potassio e calcio, nonché i fosfati.
Inoltre, il pH della soluzione circolante si abbassa e ciò rende più disponibili anche tutti gli altri elementi.
Al di là di questi effetti, lo zolfo entra poi nel metabolismo cellulare, permette di produrre importanti proteine solforate e rappresenta esso stesso un elemento nutritivo di grande importanza, tale da essere considerato il 4° elemento nutritivo per quantità assorbite dalle piante.
Perché si possano formare i solfati che svolgono tutte queste funzioni, occorre che la forma in cui lo zolfo è distribuito sia attiva ed efficace: per questo i nostri prodotti si basano su zolfo elementare in grandi quantità (50% e 80 %) in forma di zolfo ventilato, una forma estremamente fine, per permettere il più rapido processo di ossidazione e trasformazione in solfato disponibile.
Se invece che in queste formulazioni si usasse uno zolfo in forma granulare, sarebbe stimabile in anni il tempo necessario per vedere qualche effetto!
Per consentire un’agevole distribuzione mediante spandiconcime, il prodotto è formulato in pellet, con sostanza organica di origine vegetale, o arricchito con ferro e acidi umici.
L’azione correttiva dello zolfo è lenta, e dunque questi prodotti vanno distribuiti con anticipo (ad esempio in autunno) rispetto alla coltivazione.
Se invece sono usati in presemina, vanno leggermente interrati ( 5-10 cm).
Questi ammendanti essendo di origine naturale possono essere impiegati anche in agricoltura biologica.
I carbonati
Se invece nel terreno il pH tende all’acidità (<6), è utile intervenire in maniera opposta, ovvero riportando il terreno verso valori neutri; per fare questo si usa un correttivo calcareo.
Anche in questo caso i prodotti non sono tutti uguali; se distribuiamo sul terreno un normale carbonato di calcio o un carbonato di calcio e magnesio non facciamo altro che arricchirlo di sostanze inerti, che non svolgono alcuna attività nel suolo.
Occorre valutare ogni prodotto in base alla sua efficacia agronomica; ci viene in aiuto il cosiddetto “API value” (indice di posizionamento agronomico), ampiamente utilizzato all’estero ma quasi sconosciuto in Italia, che ci permette di calcolare quanto prodotto dobbiamo distribuire per avere il risultato richiesto.
Tale valore cresce da 40 a 150 passando dalla dolomite grossolana (inerte) alla calce viva, che è efficace ma di difficilissimo impiego per via della forma polverulenta.; più elevato è l’API Value, e minore è la quantità di correttivo necessaria per raggiungere il target prefissato, considerando che la quantità e il tipo dipendono anche dalle caratteristiche del suolo come la capacità di scambio cationico e il suo grado di saturazione.
I prodotti da noi distribuiti sono composti da calcari naturali di origine fossile, estremamente fini, che vengono poi compattati; hanno Api Value compresi tra 80 e 110, e forma granulare tondeggiante di comodissima distribuzione. Sono ammessi in agricoltura biologica.
Le caratteristiche del suolo
L’attività del suolo in termini di scambio cationico (che potremmo grossolanamente descrivere come la capacità esercitata dal suolo, quasi fosse una vera e propria “banca”, di assorbire, trattenere e rilasciare nella soluzione circolante, quando servono, gli elementi nutritivi) è un altro fattore estremamente importante.
La capacità di scambio cationico (C.S.C.) dipende dal tipo di suolo, ed è maggiore in suoli argillosi e ricchi di sostanza organica, e minore in suoli sabbiosi.
Non è possibile cambiare la tessitura di un terreno, ma si può migliorare l’attività del suo complesso di scambio, grazie all’apporto di un altro tipo di correttivo, la leonardite, che è una sostanza organica ad altissima efficienza.
Si tratta di un prodotto naturale, in granuli o in polvere, che viene estratto da giacimenti di lignite fossile altamente umificata; analoga funzione svolgono anche i prodotti liquidi da essa derivati.
L’arricchimento della sostanza organica presente nel terreno con l’apporto di concimi organici o organo-minerali è una pratica agronomica ampiamente usata da molto tempo.
Non sempre però questa pratica è efficace o vantaggiosa; a volte per via della scarsa qualità dei materiali impiegati si rischia di arricchire il terreno (in maniera irreversibile !) di elementi indesiderati, quali metalli pesanti, microrganismi patogeni, antibiotici, ecc.; altre volte invece viene distribuita sostanza organica “fresca”, di nessuna efficacia, oppure di buona qualità ma in quantitativi risibili, come spesso avviene nel caso della distribuzione di concimi organo minerali con titoli in sostanza organica di poche unità percentuali.
Una leonardite di qualità contiene percentuali di sostanza organica del 60 %, di cui oltre il 70 % è umificata.
Queste caratteristiche la rendono efficace nel migliorare la capacità di scambio cationico del terreno, legata in buona parte alla sua ricchezza in sostanza organica.
Un contenuto elevato di acidi umici e fulvici permette di “chelare“ gli elementi nutritivi, proteggendoli dal dilavamento o dalla fissazione.
Poiché la sostanza organica ha forti capacità di ritenzione dell’acqua (fino a 20 volte il suo peso) l’uso di leonardite permette di migliorare la gestione idrica; al contempo migliora anche la struttura del suolo , evitando crepacciamenti nei suoli argillosi, e in generale aumentando la permeabilità, gli scambi gassosi, l’attività microbica.
Dunque, se con la concimazione nutriamo le piante, possiamo dire che con ammendanti e correttivi andiamo a “nutrire” il nostro terreno, rendendolo più fertile e produttivo.