Gestire la concimazione in modo ottimale

Nei Blog precedenti abbiamo parlato di fertilità del suolo, prossimo ad ospitare le nuove colture annuali o a sostenere la produzione dell’anno nelle colture pluriennali; ora vediamo come gestire la concimazione in modo ottimale al fine di ottenere i migliori risultati produttivi, minimizzando gli sprechi e gli eventuali impatti negativi.

L’analisi del suolo per la concimazione

Prima di tutto abbiamo visto quanto la conoscenza sia alla base di ogni nostra scelta corretta; pertanto ci dovremo certamente munire di una analisi del suolo che ci dia le indicazioni che ci servono.

L’analisi dovrà essere effettuata su un campione composto di terreno, ottenuto da più prelievi, condotti per tutto lo spessore esplorato dalle radici assorbenti (pertanto variabile di coltura in coltura), e tali campioni devono essere rappresentativi del tipo di suolo coltivato.

 Vale a dire che appezzamenti con caratteristiche morfologiche e pedologiche differenti devono essere campionati separatamente.

Nella analisi i dati che più ci interessano sono il contenuto di argilla, il contenuto di sostanza organica, che permetterà di stimare il possibile rilascio di azoto, la disponibilità di fosforo e il pH del suolo, dati correlati tra loro, e la capacità di scambio cationico (C.S.C) che ci indica la capacità del terreno di trattenere e rilasciare gli elementi necessari alla nutrizione.

conoscere il terreno

Quanta argilla

Il contenuto di argilla ci dice quanto è attivo il suolo nel trattenere e rilasciare acqua e elementi nutritivi.

I terreni si distinguono per struttura in base alla loro composizione percentuale in sabbia, limo e argilla, che sono i principali componenti del suolo agrario, e differiscono tra loro in base alle dimensioni fisiche delle particelle che li caratterizzano, più grandi per le sabbie e via via più piccole fino alle argille.

Un suolo molto argilloso, che ha cioè più del 20 % di argilla nella sua composizione, evidenzierà una mobilità più ridotta dell’acqua (e dunque della soluzione nutritiva) e inoltre fisserà in misura maggiore gli elementi nutritivi, di solito in associazione con una anche più elevata CSC.

La sostanza organica

Poi valutiamo il tenore di sostanza organica, che pur essendo un parametro correlato positivamente a una buona fertilità del suolo, al tempo stesso ci indica quanta parte di questa sostanza si mineralizzerà nel corso dell’anno rilasciando un quantitativo di azoto disponibile che va considerato per un corretto piano di concimazione, attento sia alla qualità del raccolto, che alla tutela dell’ambiente.

Ad esempio, un ettaro di suolo di medio impasto (10-20 % di argilla) con un contenuto di sostanza organica del 2 % libererà un quantitativo di azoto stimabile in 90 unità di azoto /anno, certamente da considerare anche se non tutte saranno utili alla coltura.

Il contenuto in fosforo e il pH

Analizziamo il contenuto in fosforo, correlato al pH del suolo.

Normalmente si tende a considerare che la dotazione di fosforo sia sempre sufficiente o addirittura abbondante: tuttavia il fosforo analizzato con il Metodo Olsen, quello usato internazionalmente per valutare questo parametro, è quello che viene solubilizzato e dunque rilevato dagli acidi forti, e la situazione normale del terreno non è la stessa dell’estratto in laboratorio che utilizza questa tecnica convenzionale.

È più importante dunque valutare non tanto il contenuto, ma la reale disponibilità di questo elemento per le colture.

Questo dato è anche correlato ad altri parametri, come soprattutto il pH del suolo, ovvero la sua reazione acido/basica; infatti maggiore è il contenuto di radicali acidi liberi (e dunque minore è il pH) e maggiore è la disponibilità del fosforo presente all’assorbimento radicale; questo fino a valori di pH inferiori a 6 (rari in realtà nei nostri suoli), in conseguenza dei quali il fosforo è bloccato nuovamente da altri fattori.

La capacità di scambio e la concimazione ottimale

l'importanza della analisi

Ed eccoci a valutare un altro fondamentale parametro misurato dalla nostra analisi.

La capacità di scambio cationico del suolo, che a sua volta è correlata ad altri fattori, come il già visto contenuto di argilla, ci indica come il suolo è in grado di adsorbire sulle sue particelle gli elementi nutritivi e successivamente rilasciarli in equilibrio nella soluzione circolante, il vero “pasto quotidiano” per le nostre piante.

Il complesso di scambio adsorbe tutti i cationi, cioè gli elementi nutritivi caratterizzati da una carica elettronica positiva quando in soluzione.

Questi cationi sono alcuni tra i più importanti elementi nutritivi, come potassio, calcio, magnesio: normalmente la loro distribuzione percentuale nel complesso di scambio è stabile, circa il 2-7 % per il Potassio, 10-15 % per il Magnesio, 65-85% per il Calcio.

Quindi, in base alla capacità di scambio cationico possiamo capire quanto siano disponibili questi elementi per la nostra coltura: evidentemente c’è differenza di disponibilità di potassio tra un suolo sabbioso, con una capacità di scambio di 10 meq/100 gr, rispetto a un suolo argilloso che ne ha 4 volte tanto.

Nel primo caso ci aspettiamo di avere una disponibilità del potassio del 5 % della CSC, pari a 0,5 meq di K+ ogni 100 gr di suolo, dunque avremo al massimo 200- 230 ppm di K2O scambiabile (la forma in cui viene espressa per convenzione dalle analisi) ; mentre se siamo in presenza di un suolo argilloso che abbia una CSC di 40 meq/100 gr., sempre con il 5 % di potassio, la disponibilità di potassio scambiabile (K2O) potrà essere anche di 2 meq in 100 gr, cioè oltre 800 ppm, più di tre volte tanto.

Ora che sappiamo, come procediamo?

Pertanto terremo conto di questi contenuti nel suolo quando concimeremo le nostre colture, sia per non sprecare denaro in inutili somministrazioni, sia per evitare eccessi di sali, inquinamenti, e squilibri nutrizionali tra calcio magnesio e potassio che porterebbero a peggiori produzioni.

Analizzati questi parametri, decideremo prima di tutto come andremo ad operare sulla coltura nel corso della stagione: infatti se avremo poi la possibilità di utilizzare la tecnica della fertirrigazione stabiliremo quanta parte delle necessità andranno distribuite al terreno in preimpianto o all’inizio dell’anno, e quanta parte, e come, gestiremo successivamente.

Se non abbiamo impianto di microirrgazione, potremo pensare ad effettuare in altro modo un vantaggioso frazionamento, utilizzando NPK granulari ad elevata solubilità e adeguato rapporto (Qrop Mix) in parte all’impianto e in parte in copertura.

Se abbiamo impianto di microirrigazione, correttamente predisposto per la fertirrigazione, andremo a suddividere le unità fertilizzanti nel corso della stagione, con interventi il più possibile frazionati, somministrando le unità fertilizzanti effettivamente necessarie alla colture nelle sue diverse fasi fenologiche.

Ma di questo parleremo nel prossimo Blog.

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